Esistere vuol dire avere il diritto di fare le piccole cose

In questi giorni io ho scritto a più riprese per difendere il diritto di stare all’aria aperta contro regolamenti, ordinanze e altro. Molti possono avere letto le mie parole e pensato qualcosa del tipo “questo qui è capriccioso vuole andare in spiaggia e prima voleva andare a correre e ci sono tanti problemi perché rompe i cosiddetti invece di avere un po’ di pazienza”.

Ma il punto è un altro. Il fatto è che ci hanno fatto abituare ad accettare continue limitazioni della nostra libertà senza che ci siano date motivazioni razionali comprensibili. Con tutta una serie di meccanismi retorici che si conoscono molto bene in chi si occupa di politica-società-comunicazione. Tipo

  • “le regole vanno rispettate” (sì, ma anche spiegate e capite)
  • “se tutti facessero così” (ma così come? la spiaggia è l’ambiente più sicura, e comunque tutti lo fanno al mercato e non succede niente, e, infine, ma tutti chi?”
  • “ci sono problemi più seri!” (ci sono sempre, e che vuol dire?)
  • “ancora un po’ di pazienza” (ma sono mesi, e perché poi?)
  • etc. etc.

Insomma questa questione dell’aria aperta (prima i runner, poi le spiagge, etc.) è una questione simbolica ma importante perché rappresenta, per i cittadini, il fatto di non sentirsi liberi fino a prova contraria. Cioè, prima della pandemia, il clima civile era un clima di sostanziale libertà, ovvero, se uno non rubava, etc. ci si sentiva liberi di disporre della propria persona e di muoversi liberamente.

La pandemia e lo stato di eccezione (presunto) hanno creato un clima di paura e di sospensione delle libertà personale che si è progressivamente fatto strada nella coscienza delle persone, al punto che dopo un paio di mesi di questa cura, noi (io stesso) cominciamo a considerare normale il fatto che per qualsiasi cosa debba essere dato IL PERMESSO.

Oggi invece consideriamo normale che si possa (anzi si debba) accettare dei divieti assurdi.

E’ l’assurdità del divieto che offende il nostro essere civile. Se non ci sentiamo offesi, vuol dire che siamo ormai in uno stato di anestesia o, peggio, di sudditanza. BASTA!

Un po’ di tempo fa io ho pubblicato una breve meme che penso sia ancora fondamentale

LA LIBERTA’ E’ UN DIRITTO, NON UN PERMESSO

Pensare che sia normale che ci diano il permesso di fare questo o quello ci riporta alla condizione di immaturità che non è propria di persone e cittadini, ma una condizione di sudditi. Questo non va bene.

Io oggi direi qualcosa di più. Direi che

L’ESISTENZA E’ UN DIRITTO E NON UN PERMESSO

Convincere le persone che per fare qualcosa (quasiasi cosa, andare in spiaggia, mangiare un gelato, parlare in pubblico) ci sia bisogno di un permesso è un trucco del potere per eliminare l’esistenza CIVILE e UMANA delle persone. Perché ci si convince che esiste un potere più grande che è ci permette o meno di esistere noi stessi.

Questo è sbagliato. Siamo noi, le persone, tutto quello che esiste. Tutto il resto è costruito sulle nostre spalle. E, in una società libera, tutto questo deve trovare una giustificazione e un fondamento dentro di noi.

Quando le istituzioni (sindaco, presidente di regione, presidente del consiglio) non ci spiegano i motivi delle loro scelte, viene meno questo rapporto e il rapporto si spezza e noi rinunciamo alla nostra esistenza e libertà.

Per questo motivo non credo ci siano cose più importanti del diritto di andare in spiaggia (o di fare qualunque altra cosa) se non ci sono motivi reali (e non ci sono) per non farlo. Perché quel divieto, non è solo un divieto per l’aria aperta, quello è un divieto per la nostra libertà, un divieto per la nostra esistenza.

Piccola cosa? forse. Ma è tutto quello che siamo.

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